Secondo una recente analisi realizzata dall’Associazione nazionale dei risk manager e responsabili assicurazioni aziendali (ANRA) con l’Università degli studi di Milano, Parma e Firenze, l’Italia è il paese in Europa più sotto assicurato contro le calamità naturali.
L’Italia ha il maggior deficit di protezione per le calamità naturali in Europa, con solo il 3,2% delle perdite assicurate. Nonostante la forte esposizione del nostro Paese a fenomeni geologici e climatici estremi, si fa ancora uno scarso uso degli strumenti assicurativi specializzati a tutela dei privati e delle aziende.
Il report evidenzia anche come la percezione del rischio, a livello aziendale, è migliore di quanto si pensasse. Quasi il 62% delle aziende italiane ha una buona consapevolezza, ritenendosi esposta a possibili rischi catastrofali. 4 imprese su 10, inoltre, si considerano vulnerabili su più fronti, in particolare quelli tipici di un’area idrogeologicamente complessa come terremoti ed alluvioni. Nonostante la percentuale di aziende che si sono dotate di strumenti per la copertura di questa tipologia di rischi sia in linea con il dato precedente (60%), la quasi totalità di queste (96%) si avvale di una polizza assicurativa all-risk o multirischio. Ma non solo, perché il 40% delle imprese ha anche dichiarato di non aver mai acquistato alcun tipo di copertura per rischi catastrofali, percependo come trascurabili le conseguenze e i danni eventuali derivanti da eventi atmosferici o idrogeologici estremi. “Questo evidenzia come non si prenda ancora abbastanza in considerazione un aspetto che sempre più caratterizza lo scenario dell’Italia: l’aumento degli eventi catastrofici dovuti al cambiamento climatico, che si aggiunge con frequenza crescente all’elevata vulnerabilità data dalla conformazione geologica”, sottolinea il report.
Il sottovalutare questi fenomeni può però fare davvero molto male all’azienda. Infatti quando si verificano, i danni economici sono ingenti. Il 22% degli intervistati ha dichiarato di aver subito danni catastrofali che hanno causato una perdita diretta tra i 5 e i 10 milioni di euro (17%) o addirittura superiore ai 50 milioni di euro (10,4%).
Altra peculiarità tutta italiana è il non uso dei cat bond (catastrophe bond), molto sfruttati in diversi paesi. Questi sono obbligazioni che svolgono la funzione di trasferire il rischio di un evento catastrofico eccezionale, come un uragano, un terremoto o una pandemia, da un soggetto che li emette ad un altro che viene remunerato per sopportare questo rischio.
Come mai in Italia non vengono usati? Dai dati raccolti, è emerso come uno dei principali problemi sia la scarsa conoscenza di questi strumenti non solo tra le aziende, ma addirittura tra gli operatori del settore assicurativo: fra le società rispondenti attive in tale ambito, la stragrande maggioranza (82%) non è a conoscenza delle caratteristiche dei cat bond emessi, o dichiara di non poterle divulgare. Quasi la metà degli assicuratori inoltre non ha alcuna familiarità con lo strumento, o lo ritiene complicato da comprendere e di conseguenza da offrire ai clienti.
In Italia, inoltre, esistono dei vincoli giuridici che possono giustificare il limite sia alla domanda che all’offerta di obbligazioni cat come possibile alternativa alle coperture assicurative, e nello specifico l’indagine evidenzia la mancanza di forme contrattuali standard e linee guida che potrebbero facilitarne la diffusione.
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