Tra i moltissimi contraccolpi della pandemia, uno sta particolarmente preoccupando molti settori industriali per le sue caratteristiche strutturali: la carenza di chip a livello mondiale.
Questi componenti ad altissima tecnologia non sono soltanto i “cervelli” di computer, smartphone e altri dispositivi tipici del settore ICT, ma sono ormai indispensabili per il funzionamento di moltissimi prodotti, dagli elettrodomestici ai dispositivi medici.
Il problema ha assunto dimensioni mondiali, coinvolgendo i governi ai massimi livelli, dagli USA all’Unione Europea. La scarsità dei chip sta provocando indisponibilità o tempi lunghi di consegna o di lancio di alcuni modelli di dispositivi digitali, come smartphone e laptop, ma sta colpendo molto più duramente altri settori, soprattutto la produzione di automobili.
Le cause del problema sono diverse e concomitanti, tanto che alcuni analisti usano l’espressione “tempesta perfetta”. Il fattore scatenante è stato la pandemia Covid-19, ma la crisi è mondiale e durerà a lungo a causa di alcuni punti deboli strutturali creatisi negli anni precedenti. Gli stop alle fabbriche di processori per i primi lockdown di un anno fa hanno provocato un accumulo di ordini arretrati che le fabbriche stesse non sono riuscite a smaltire – una volta ripartite – neanche lavorando 24 ore al giorno, a causa dell’aumento della domanda di molti prodotti – laptop, webcam, auricolari, monitor, TV, console, ecc. – necessari a lavorare, studiare o semplicemente passare il tempo durante i lockdown.
In questa situazione, nel settore dei microchip, reagire scalando la capacità di produzione in tempi brevi è impossibile: si tratta di prodotti tra i più complessi al mondo e costruire una nuova fabbrica e farla produrre a regime richiede anche 5 anni di tempo, oltre a enormi investimenti.
OGNI FASE DELLA SUPPLY CHAIN È SOTTO TENSIONE
Una volta prodotti, poi i microchip – e successivamente i prodotti che li contengono – devono essere consegnati. Qui subentra il problema logistico, perché le supply chain negli scorsi anni sono state snellite e integrate per ottimizzarne l’efficienza, e per questo ora, di fronte all’arretrato dei primi mesi del 2020 e all’aumento dei volumi, pagano in termini di flessibilità e scalabilità.
Ogni fase della supply chain risulta sotto tensione. Addirittura per il trasporto via nave non ci sono abbastanza container (le tariffe per noleggiarli sono anche triplicate), i porti sono in ritardo nello scaricamento di quelli che arrivano, non ci sono abbastanza camion e autisti per il trasporto via terra e i corrieri non riescono a mantenere i tempi di consegna pre-Covid.
Ma altri fattori hanno poi contribuito a rendere la carenza di chip così critica. Per esempio gli smartphone 5G, che usano molti più chip delle generazioni precedenti, la guerra dei dazi tra USA e Cina, che ha spinto molti produttori di vari settori ad accumulare scorte di chip, e non ultimi gli incendi e le ondate di gelo che hanno fermato varie fabbriche di componenti di chip in giro per il mondo.
AUTOMOTIVE: TAGLI DI PRODUZIONE E WARNING FINANZIARI
Circa un anno fa, quando hanno iniziato a definirsi le dimensioni planetarie dell’epidemia, i produttori di auto, prevedendo un calo della domanda, hanno tagliato i piani di produzione, e quindi anche i loro ordini di processori, proprio mentre i produttori di device digitali – alle prese con la forte domanda di prodotti per il remote working – aumentavano i propri.
L’automotive non usa ovviamente gli stessi chip dell’industria digitale, ma la capacità produttiva dei produttori di microprocessori è comunque limitata. E così i produttori auto quando hanno ricominciato a vendere si sono trovati spiazzati.
Le conseguenze? Ford ha dichiarato che la carenza di chip può comportare un taglio della produzione nei propri impianti del 20%, General Motors ha rallentato l’attività negli stabilimenti in Kansas, Canada e Messico, e ha prodotto diversi modelli di camion senza i chip che ottimizzano il consumo di carburante (Active Fuel Management). Altri produttori, come Toyota, Volkswagen, Nissan e FCA, hanno emesso warning sui risultati finanziari, o annunciato tagli di produzione a causa del “chip shortage”.
In sintesi:
- Volkswagen interrompe la produzione in uno stabilimento in Portogallo dal 22 al 28 marzo.
- In Corea, Hyundai sospende i lavori extra durante i fine settimana per la produzione di Kona e altri modelli come Avante, Grandeur e Sonata.
- Honda sospende la produzione in sei stabilimenti negli Stati Uniti, in Canada e in Messico.
- Volvo sospende in tutto il mondo la produzione di autocarri.
- Ford ha interrotto la produzione in una fabbrica in Ohio e ha annullato un turno in un altro sito in Kentucky, in entrambi i casi fino al 29 marzo.
- Nissan sta rimodulando la produzione in tutti i suoi stabilimenti negli Stati Uniti e in Messico.
- Le operazioni nello stabilimento Toyota di Kolin nella Repubblica Ceca, quello cioè in cui nasce la Aygo per il mercato europeo, sono state sospese per due settimane.
- Mitsubishi sta riducendo la produzione nazionale di veicoli di 4.000-5.000 unità a marzo e rivedendo i piani di produzione per aprile.
È una situazione che secondo gli analisti di settore potrebbe richiedere ancora un paio di trimestri per tornare alla normalità.
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